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216 | i cacciatori di foche della baia di baffin |
Poco dopo i suoi compagni, affranti da quelle ricerche e scoraggiati, lo raggiungevano. La nebbia calava allora fitta assieme alla neve, ed aveva interrotto la loro escursione.
– Proprio nulla? chiese Tyndhall.
– Nulla, mastro, fuorchè alcuni rottami della Shannon, rispose Charchot con voce triste. Egli è morto.
– Povero Grinnell!... E chissà se noi gli sopravviveremo.
Cenarono in silenzio con un po’ di prosciutto e con pochi biscotti, poi si avvolsero nelle loro pellicce e si sdraiarono gli uni accanto agli altri, per mantenersi un po’ caldi. Al di fuori era rimasto solamente Fox a vegliare.
L’oscurità ormai era diventata profonda. Ululava sinistramente il vento sulla costa, travolgendo il nebbione e la neve, ed i ghiacci tuonavano sordamente sotto le continue pressioni degli ice-bergs che si accumulavano sui margini dei banchi.
I naufraghi, vinti dalla stanchezza, si erano addormentati e russavano sonoramente. Erano già trascorse parecchie ore, quando furono bruscamente svegliati dai latrati di Fox.
– Che vi sia qualche orso? chiese mastro Tyndhall, cercando le sue pistole. Sarebbe il benvenuto per rifornirci di viveri.
– Vado a vedere, mastro, disse Charchot. Rimanete: può essere un falso allarme.
Afferrò una fiocina, si passò nella cintola una pistola e uscì.
La notte era oscurissima e un ventaccio gelido soffiava dalle regioni nordiche, sibilando e urlando fra i picchi e le guglie dei banchi. La nebbia scendeva a