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capitolo ix — il naufragio 199


funi e la raggiunsero, malgrado i violenti rollii che subiva.

A bordo della Shannon non era rimasto che il grosso cane di Terranuova, il quale abbaiava con furore contro l’enorme ice-berg, che pareva si piegasse verso i bordi della povera barca.

– Qui, Fox! gridò Tyndhall.

Udendo la voce del padrone, l’animale non esitò a balzare fra le onde spumeggianti, nuotando vigorosamente verso la baleniera.

– Al banco! gridò il mastro.

– Non fuggiamo? chiese Charchot.

– Ci manca il tempo. Ci isseremo sul banco e cercheremo di allontanarci prima che avvenga l’urto coll' ice-berg.

I marinai avevano afferrati i remi e lottavano disperatamente contro le onde che scrollavano disordinatamente la baleniera. Per fortuna il grande banco faceva argine all’irrompere delle masse liquide che salivano dal sud ed il tragitto era breve.

In meno di dieci minuti giunsero presso il pack. Un’onda che si era infranta contro l' ice-berg e che ritornava con grande impeto, prese la baleniera, la sollevò come una piuma e la scagliò sul banco in mezzo ad un letto di neve, la quale rese meno brutale il colpo.

I marinai della Shannon, rialzatisi prontamente senza aver riportate contusioni, raddrizzarono la scialuppa e tenendola in equilibrio sulla chiglia, la fecero scivolare sul banco, allontanandosi dal margine che le onde spezzavano.

Mastro Tyndhall, che spingeva con vigore sovrumano, li spronava a far presto, temendo che da un istante all’altro avvenisse l’urto.