Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
capitolo vi — l'urto della balena | 177 |
stagione non tarderà a sopraggiungere colle sue furiose nevicate e allora non troveremo più nè foche, nè morse, nè uccelli.
– Rimangono gli orsi bianchi.
– Ma sono rari, Charchot.
– Qualcuno spero che lo troveremo.
In quell’istante la baleniera urtava contro la spiaggia.
Tyndhall ed il suo compagno presero i fucili, s’armarono di due bastoni colla punta ferrata e balzarono a terra.
La spaccatura, prima notata, si apriva dinanzi a loro. Era un canale profondo, dirupato, pieno di neve e di frammenti di ghiaccio rotolati dall’alto, ma non di difficile salita.
I due cacciatori di foche si misero a salire aiutandosi l’un l’altro, e puntando fortemente i bastoni ferrati. Le sponde di quell’antico letto del torrente erano occupate da miriadi di lumme intente a covare, ma non pensarono a fuggire, limitandosi a protestare contro quella violazione di domicilio con grida discordi.
Sotto alcune rocce riparate dai gelidi venti e che erano rimaste scoperte dalle nevi in causa della loro inclinazione, si vedeva qua e là spuntare ancora timidamente un po’ di vegetazione, ma che non doveva tardare a scomparire. Erano piccole macchie di magri licheni neri chiamati dagli esquimesi zuppe di roccia o trippa di roccia perchè li adoperano per fare una specie di zuppa; piccoli papaveri dai petali d’oro ma che già si ripiegavano sugli steli semi-gelati; delle sassifraghe rosse, bianche o gialle e boschetti di salici ma così piccini che sarebbe bastato un cappello per coprirli!...
Dopo mezz’ora di salita, mastro Tyndhall e Charchot giungevano sull’altipiano da cui potevano spaziare gli sguardi sulla desolata Terra di Baffin.