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capitolo vi — l'urto della balena 175


Bande numerosissime di uccelli, delle vere nubi, si alzavano dalle sponde delle isolette e volavano or qua ed or là. Vi erano certi momenti che se ne levavano così tanti, da oscurare l’orizzonte.

– Sono urie, disse mastro Tyndhall a Charchot, che lo interrogava. Cucinate sapientemente con una salsa di acciughe, sono buonissime.

– Ecco una cena guadagnata senza fatica. Con poche scariche se ne possono gettare a terra delle centinaia.

– Ho un po’ di piombo minuto e non lo risparmierò, te lo assicuro. Ohe!... Attenti a virare ed a calare l’áncora.

La Shannon entrava allora nella baia, passando dinanzi ad una mezza dozzina di ice-bergs che si trovavano addossati ad una specie di penisoletta.

Il mastro evitò le isole e gl’isolotti che erano ormai riuniti fra di loro da uno strato di ghiaccio che pareva assai solido, e diresse la barca verso un piccolo seno semi-circolare, dove l’acqua era perfettamente tranquilla.

– Giù le áncore! comandò.

L’áncora mezzana e l’ancorotto scesero, facendo scorrere rumorosamente le catene attraverso le cubie, mentre le vele venivano ammainate in coperta.

Mastro Tyndhall con un rapido sguardo ispezionò le sponde della baia, crollando più volte il capo.

– Bisognerà risalire più al nord, mormorò. Il Polaris deve aver cercato di ritirarsi attraverso lo stretto di Lancaster. Però... chissà!... Se ha naufragato lassù, i suoi marinai dovrebbero aver approdato alla Terra di Baffin per tentare di raggiungere la baia di Hudson. Giacchè rimangono ancora alcune ore di luce, andiamo a dare uno sguardo a questa terra. Ehi!... Charchot, fa’ calare la baleniera se vuoi mangiare delle urie.