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172 i cacciatori di foche della baia di baffin


ghiaccio non si spezzava che a poco a poco. Doveva avere uno spessore enorme, per resistere a quella massa scagliata innanzi colla velocità di un treno diretto.

Ad un tratto la balena, con uno slancio poderoso uscì più di mezza fuori dall’acqua e si lasciò cadere sull’istmo. Nulla poteva reggere a quella massa che pesava una settantina di tonnellate.

La barriera, fracassata di colpo, si spezzò con uno scricchiolìo prolungato, poi crepitò in tutte le direzioni e finalmente s’inabissò lasciando il passo alle onde della baia.

Il cetaceo, ricaduto nel suo elemento naturale, lanciò un’ultima e più acuta nota, poi si precipitò innanzi e sparve verso il nord, lasciando dietro una scia gorgogliante.

– Il passo è aperto, disse il mastro. Alla Shannon, ragazzi miei, e approfittiamo di questa fortuna prima che i ghiacci tornino a riunirsi.

– Ed i delfini? chiese Charchot.

– Credo che se ne siano andati. Non possono lottare colle pinne delle balene. Giù i remi e date dentro a tutta forza.

La baleniera virò sul posto e si ricacciò nel canale filando come una rondine marina, ed un’ora dopo si trovava nelle acque della Shannon.

Fu tosto issata a bordo onde i ghiacci non la guastassero, le vele furono spiegate e la Shannon prese rapidamente il largo costeggiando il pack.

L’entrata nel canale ed il passaggio sotto il castello galleggiante, non costarono fatiche di sorta, essendo l’acqua sgombra di ghiaccio e la vôlta del ghiaccione tanto alta, da permettere il passaggio anche all’alberatura d’una grande nave.