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capitolo iv — la baia di baffin 161


rifrangevano su quei massi candidi, facendoli scintillare come se fossero di cristallo di rocca.

Gli uccelli polari, rinvigoriti da quei primi tiepori, si affrettavano a riprendere i loro voli. Passavano e ripassavano, in grandi bande, sopra la Shannon, salutando allegramente i marinai.

Erano stormi di labbi, uccelli dal volo potente e rapidissimo, armati d’un becco robusto, nemici accaniti dei gabbiani ai quali rubano il cibo pescato, percuotendoli a colpi d’ala fino a stordirli; lunghe file di strolaghe quasi tutte nere, di gazze marine grosse come oche, di urie, di eiders dalle soffici e preziose penne, di piccoli auk, di urie nere, borgomastri (larus glaucus) e di plectrophanes nivales.

Anche qualche foca si vedeva sdraiata sui margini dei packs, riscaldandosi ai raggi del sole, pronta però a tuffarsi al primo indizio di pericolo, mentre fra i canali si vedevano guizzare ed emergere bruscamente delle coppie di delfini gladiatori, grossi pesci che raggiungono sovente una lunghezza di otto metri, dotati di una forza prodigiosa e di una voracità incredibile.

Per tre ore la Shannon si aprì faticosamente il passo attraverso i ghiacci, ma verso le dieci si trovò dinanzi a quattro o cinque banchi che dovevano avere un’estensione di parecchie miglia.

Quasi nel medesimo istante, gli sguardi di mastro Tyndhall scoprivano le spiagge della Terra di Baffin.