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capitolo i — il disastro delle navi baleniere 9


– Di quali navi si componeva la seconda?

– Di due: la Tornea ed il Gotheborg.

– Quanti uomini montavano quelle navi?

– Sessantasette.

– Diavolo!... Erano navi a vapore?

– No, entrambe a vela. Le navi a vapore le tengo presso di me, essendo incaricate della pesca lungo le coste del Finmark e del Varangefiord per poter utilizzare le carcasse dei cetacei.

Quest’anno le balene s’erano mostrate scarse sulle nostre coste, ed ho avuto la poco fortunata idea di mandare i miei velieri molto al nord, essendo stato informato che i cetacei abbondavano fra l’isola degli Orsi e le Spitzberg.

– E vi avevano informato bene, signor Foyn. Mi sono diretto anch’io verso l’isola degli Orsi e in sei settimane ho potuto completare il mio carico.

– Venite al fatto, signor Tompson, vi prego.

– L’incontro del rottame l’ho fatto ventisette giorni or sono, alle undici del mattino, a quaranta miglia dall’isola degli Orsi, coste settentrionali.

Come vi dissi, ritornavo con carico completo, frettoloso di abbandonare quei paraggi che cominciavano a diventare pericolosi. Dalle Spitzberg si staccavano delle montagne di ghiaccio navigando verso il sud, e così in grande numero, da temere di venir preso in mezzo e costretto a svernare in mezzo all’oceano. Il 5 agosto, mentre il mio skooner veleggiava fra due file di ice-bergs, urtava contro un ostacolo. Credetti che la prora avesse incontrato uno di quei ghiacci che si tengono a fior d’acqua, e che noi chiamiamo palk, ma vedendo sfuggire qualche cosa di nero lungo il tribordo, comandai ai miei marinai d’imbrogliare le vele e di cercare di mettere la