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122 | i naufraghi dello spitzberg |
disgregava e solamente il nucleo centrale mantenevasi ancora compatto, impedendo alla Torpa di approfittare delle numerose squarciature che si producevano.
Di miglio in miglio che scemava la distanza che li separava dalle coste, Tompson e Jansey diventavano più irrequieti. Dove sarebbero andati a finire? Avrebbe potuto la Torpa resistere all’ultimo cozzo del banco? Avrebbero potuto sfuggire il gran vortice che doveva essere diventato terribile con quel mare tempestoso e quelle furiose raffiche che scendevano dal nord?...
Il Maëlstrom!... Quel nome li faceva impallidire e suonava ai loro orecchi come una campana funebre.
Il 1° dicembre l’urto non era ancora avvenuto, ma tutti sentivano che la terra era vicina. Il nebbione però impediva di scorgerla ed il mare continuava a mantenersi cattivo.
Verso le 11 p. Tompson stava per scendere nel quadro onde riposarsi qualche ora, quando i suoi orecchi furono colpiti da lontani muggiti. Si sarebbe detto che il mare si rompeva con grande rabbia contro una costa.
– Le Lofoden?... gli chiese Oscar, che aveva pure uditi quei muggiti.
Tompson non rispose. Ascoltava con profonda attenzione, in preda ad una visibile ansietà. Ad un tratto si alzò col viso contratto e gli sguardi smarriti.
– Gran Dio!... esclamò. – Ice-master!... È sempre al sud la prora?...
– Ma no, capitano! rispose il pilota, guardando le bussole. Il banco vira di bordo!
– Jansey!...
Il capitano del Gotheborg, che si trovava di quarto a prora, accorse.