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capitolo xv — il maëlstrom 119


Si rizzò sulle zampe posteriori e si precipitò addosso al cacciatore che lo aspettava a piede fermo, con un rampone in mano. Lanciava delle urla acute, sbatteva le zampe anteriori come fosse già dietro a lacerare l’avversario e digrignava i denti. Una grande macchia di sangue si dilatava sulla sua pelliccia, un po’ sotto la spalla destra.

I marinai e Oscar però avevano puntato rapidamente i fucili, e per mirare meglio si erano inginocchiati. Sette spari rintronarono formando quasi una sola detonazione. L’orso, crivellato di ferite, fece un balzo innanzi e andò a cadere quasi ai piedi di Tompson, il quale fu pronto a dargli il colpo di grazia, cacciandogli il rampone attraverso il corpo.

Incoraggiati da quel primo successo, i cacciatori s’affrettarono a raggiungere le sponde del wacke e si misero a scalare gli avanzi degli ice-bergs saldatisi al banco.

Dopo mezz’ora di marcia, un altro orso fu scoperto in fondo ad una spaccatura.

Si era affondato nella neve così bene, che per poco un marinaio non vi cadde sopra. La belva non ebbe il tempo di balzare fuori dalla buca e di mettersi sulle difese. Quattro palle tiratele contro, quasi a bruciapelo, la freddarono.

Dopo il mezzodì un terzo fu sorpreso mentre cercava di gettarsi in acqua. Raggiunto da Tompson e da Oscar presso la sponda, sebbene doppiamente ferito, tentò di caricarli, ma vedendo accorrere i marinai, in tre balzi raggiunse il margine del wacke e si precipitò fra le onde.

Ricomparso a galla a trenta passi dal banco, fu bersagliato e andò a picco con parecchie palle nel cranio.

Il resto della giornata la passarono in vani inseguimenti. I carnivori, spaventati da quelle continue detonazioni, non si lasciavano più avvicinare e appena fiutati