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98 i naufraghi dello spitzberg


Mandò un urlo acuto: in quella massa, che gli si era brutalmente scagliata addosso, aveva riconosciuto un orso bianco.

Colla rapidità del lampo, si sottrasse alla stretta mortale strisciando sul ghiaccio e cercò di rimettersi in piedi per fuggire verso la nave, ma l’orso con un colpo di zampa lo fece cadere.

– Aiuto!... urlò il disgraziato.

Poi radunando tutte le sue forze, si mise a lottare con disperata energia contro quel pericoloso e affamato avversario. Era riuscito ad impugnare il bastone colla punta ferrata e colpire furiosamente, all’impazzata, ma non era un’arma adatta per ottenere la vittoria. L’animale pareva che nemmeno s’accorgesse di quei colpi di punta che appena attraversavano la sua folta pelliccia e avventava zampate per squarciare il cranio od il petto del pilota.

Già la casacca di pelle di foca era stata lacerata sopra la spalla destra e gli unghioni avevano intaccate le carni, quando si udirono due voci a gridare:

– Coraggio, ice-master!

Due uomini correvano attraverso il banco: erano Tompson e Jansey.

Essi avevano udito il grido di soccorso, avevano scorto confusamente, fra la nebbia, l’orso bianco che assaliva il povero pilota e si erano precipitati sul ghiaccio del bacino, l’uno armato di fucile e l’altro di una scure, senza attendere i marinai che erano saliti frettolosamente in coperta.

A quaranta passi, Tompson puntò il fucile e fece fuoco. L’orso, colpito in una spalla, cadde emettendo un urlo di furore, ma si rialzò ben presto e si fece addosso al baleniere.