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96 i naufraghi dello spitzberg


La mattina del quarto giorno, cioè del 25 ottobre, il wacke, pressato forse dai banchi che lo circondavano e che il freddo intenso dilatava, subì delle violenti oscillazioni ed il ghiaccio del bacino, che si era nuovamente formato, si sollevò attorno alla nave.

Nel pomeriggio, mentre le nebbie accumulate sull’orizzonte settentrionale cominciavano a coprire l’isola degli Orsi, il campo cominciò a crepitare, a tuonare ed a muggire. Qua e là si sollevavano dei grandi crostoni di ghiaccio, irrompevano dei blocchi di grossa mole, oscillavano le piramidi che si erano nuovamente formate, si aprivano buchi e crepacci.

La Torpa, stretta dai ghiacci del bacino che continuavano a sollevarsi, gemeva, si spostava, oscillava tutta ed i suoi puntali e le traverse del frapponte pareva che si piegassero ad arco, sotto una pressione irresistibile.

Tutto l’equipaggio era salito precipitosamente in coperta, ma si trovava impotente a combattere quel formidabile nemico, che da un istante all’altro poteva sfondare i fianchi della nave. Tutti si erano muniti del loro sacco da viaggio, di provviste e del fucile per essere pronti ad abbandonare il legno ed a salvarsi nei magazzini dove si trovavano le scialuppe.

Tompson e Jansey, l’uno a prora e l’altro a poppa, osservavano attentamente le convulsioni del wacke, mentre l’ice-master, aiutato da una dozzina di marinai, s’affannava a rinforzare frettolosamente le traverse ed i puntali.

Le pressioni continuarono parecchie ore con poche interruzioni, sollevando la Torpa specialmente a poppa ed a tribordo, poi le vibrazioni del banco a poco a poco cessarono, gli scricchiolii s’indebolirono e la calma tornò.