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capitolo i — il disastro delle navi baleniere 5


più alto di tutti, poteva scorgere la costa norvegiana meglio degli altri. Ecco il Grimsey che entra nel Varangefiord a tutto vapore.

— Ma no, mi pare un piroscafo inglese, dissero alcuni.

— No, è il Grimsey di Hammerfest e si dirige precisamente qui, gridarono gli altri. — Ecco il signor Foyn che si reca allo scalo.

— Andiamo a vedere, gridarono tutti, dirigendosi confusamente verso la sponda.

Il signor Foyn li aveva preceduti e passeggiava sulla gettata con una certa impazienza, senza staccare gli sguardi dal Grimsey, uno svelto e rapido steamer che filava a tutto vapore nel largo canale del Varangefiord.

Il ricco proprietario di quelle grandiose officine aveva in quell’epoca quarantacinque o quarant’otto anni. Era un uomo alto quanto un granatiere, di forme massicce, con braccia e gambe muscolose, spalle larghissime, colla testa coperta d’una capigliatura folta e ruvida, il viso energico, coi lineamenti un po’ angolosi, gli occhi d’un azzurro profondo e una barba tagliata a becco, un poco brizzolata.

Nativo della Norvegia meridionale, nella sua gioventù era stato un povero diavolo. Aveva fatto dapprima il mozzo, poi il marinaio, quindi il fiociniere, più tardi il pescatore per proprio conto, ed a trentacinque anni aveva accumulati parecchi milioni ed aveva avuto l’onore di farsi visitare da Oscar II, durante il viaggio intrapreso da questo re lungo le coste del Finmark.

La sua fortuna l’aveva dovuta alla pesca della balena, e soprattutto ai miglioramenti introdotti nella pesca di quei giganti del mare.

Era stato il primo ad abbandonare il secolare rampone, arma eccellente sì, ma pericolosa contro quei cetacei