Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
capitolo xi — l'urto del wacke | 93 |
– Se non si arenerà sulle coste dell’isola degli Orsi.
– Se si congiungerà ai ghiacci dell’isola, lo staccherò colle mine, Jansey. La polvere abbonda a bordo.
– Deviamo?...
– Sì, il banco tende a portarsi al largo.
– Andremo a cozzare ancora.
– È vero. Vedo laggiù altri ghiacci.
– Chissà che questi incessanti urti lo demoliscano.
Intanto il wacke continuava a scendere verso il sud, avvicinandosi sempre più all’isola degli Orsi. La grande barriera era stata sfondata dal colosso, ma altri ice-bergs di gran mole si trovavano dispersi qua e là, arrestati dai banchi.
Gli urti continuavano sulla fronte meridionale del wacke. Ad ogni istante una montagna di ghiaccio, squilibrata dal cozzo, strapiombava con fracasso assordante, sfondando i margini del colosso polare, ma la massa centrale resisteva sempre e non s’apriva per dare il passo alla Torpa.
Talora invece incontrava qualche pack o qualche floe, ma nemmeno quei banchi riuscivano a produrre un guasto grave. Diroccavano un po’ i margini, ma a loro volta si frantumavano, si disorganizzavano e lasciavano la via libera. Anzi i frammenti si univano al wacke e subito si saldavano in causa del freddo che oscillava sempre fra i -15° ed i -21° centigradi.
Alle due, il wacke si trovava a poche gomene dai banchi dell’isola, ma procedeva lentamente e non era da sperarsi che urtasse con violenza.
Alle tre toccò. Un tratto di duecento metri della fronte orientale si staccò e le piramidi e le guglie che erano ancora rimaste in piedi diroccarono, ma nient’altro.