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Una caccia ai condor 75


Si comprendeva subito che era di razza bianca, quantunque la sua pelle fosse abbronzata. Per una singolare stranezza, aveva i capelli biondi che portava lunghi, sciolti disordinatamente sulle spalle e gli occhi color dell’acciaio che avevano un certo lampo selvaggio e che tradivano un non so che di ruvidezza, ma anche di tristezza.

Bell’uomo però, con una testa superba, una fronte spaziosa, ma che rughe precoci avevano già solcato, con un naso ben diritto e con labbra sottili, indizio d’una ferrea volontà e d’una grande energia.

Vestiva un bizzarro costume che aveva del guaso cileno e del gaucho argentino. Camicia di lana variopinta con ricami di seta e bottoni d’argento, stretta da un’alta fascia di stoffa rossa, calzoni alla zuava, di stoffa a righe, sbuffanti e merlettati all’estremità, i chiripa degli argentini; stivali lunghi, grossi, con speroni d’argento. Sul capo invece un sobrero dalle larghe tese, adorno d’un cordoncino d’oro, con fiocchetti.

Vedendo Pardoe e sopratutto quella giovane donna che si teneva il viso semi nascosto dalla manta, la fronte di quell’uomo si era aggrottata, poi un rapido pallore si era diffuso sul suo volto.

— Vecchio Pardoe, — disse con voce men dura, — chi è la giovane che conducete? Che cosa volete voi? Non vedete che attendo i condor? Se vi.... —

Si era improvvisamente interrotto, facendo un passo indietro, mentre il suo volto aveva assunto un’espressione quasi feroce.

Mariquita aveva lasciata cadere la manta, dicendogli con voce dolce e che tremava.

— Sono io, Piotre. Perdonate di essere venuta a trovarvi quassù sulla montagna, invece di attendervi nella vostra casa. Non credevate certo di vedermi qui.