Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
70 | Capitolo VI. |
corsi a Rio Janeiro, dove sperava trovare un vascello carico di viveri spedito dal governo spagnuolo; invece una orribile tempesta lo sorprende e lo obbliga a cercare rifugio a Pernambuco, dove giunge colla nave sconquassata.
Riattatala, riprende il mare, ma un destino contrario lo perseguita e lo fa naufragare. Qualunque altro si sarebbe scoraggiato dinanzi a tanta ostinata avversità; Sarmiento che pensava a quei disgraziati lasciati sulle desolate sponde dello stretto, alle prese colla fame e fors’anche cogl’indiani, non si scoraggiò.
Arma una nuova nave e riprende arditamente il mare, sperando che la sua perseveranza avrebbe finito collo stancare il destino. Era invece scritto che non dovesse più mai rivedere i suoi coloni, nè le città che aveva fondate.
Una nave inglese lo assalta e dopo un lungo combattimento lo vince e Walter Raleigh lo conduce prigioniero a Londra, dove rifiuta ostinatamente di far conoscere in quale orribile situazione si trovavano i suoi compatriotti, temendo la conquista del canale da parte dei suoi nemici.
Intanto la fame era piombata sulla disgraziata città e anche sull’altra. Vinti dall’inedia e tribolati dai continui assalti degl’indiani, i coloni morivano a dozzine e dozzine, seminando le coste dei loro cadaveri.
I coloni di Nombre de Jesus si erano riversati su S. Felipe ed il governatore li aveva ricacciati, non avendo più viveri.
Pure quei disgraziati per due inverni resistettero tenacemente, pescando e cacciando e scemando continuamente di numero, finchè gli ultimi superstiti, in numero di un centinaio, imbarcatisi su due scialuppe, lasciarono la città maledetta cercando uno scampo fuori del canale.
Alcuni, fortunati, vennero raccolti da Cavendisch, corsaro inglese; altri morirono miseramente su quelle spiaggie