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La Stella dell'Araucania | 67 |
buco e apriva bene gli occhi, non essendo rare in quell’epoca le imboscate dei fieri patagoni. Mariquita invece, che si manteneva silenziosa, immersa nei suoi pensieri, sembrava che non si fosse nemmeno accorta che alla sua sella vi erano delle armi.
— Guardate anche voi señorita, — disse il baleniere. — Si fa presto a scagliare una bola perdida e voi sapete quanto sono destri quei maledetti patagoni nel lancio di quella grossa pietra.
— I patagoni hanno imparato a temere i cileni, — si limitò a rispondere Mariquita. — Non sono gli araucani.
— È meglio non fidarsi della loro tranquillità, più apparente che reale, — borbottò papà Pardoe. — Qui le toldas1 non devono mancare. —
Il vecchio non s’ingannava. I due cavalli erano appena usciti da quei macchioni, quando nella pianura erbosa apparvero alcune abitazioni patagoni, disseminate capricciosamente intorno agli stagni.
Erano piccoli accampamenti formati da tende di pelle di guanaco, quadrate, lunghe quattro metri su due di altezza, sostenute da pali incrociati e che si montano e si smontano in pochi minuti, luride e puzzolenti quanto si può immaginare, essendo la pulizia del tutto ignota ai loro abitanti.
Vedendo passare quei due cavalli, alcuni patagoni erano usciti tenendo in mano delle lunghe lancie e le bolas, che sono pezzi di pietra un po’ acuminati, avvolti in un lembo di pelle e appesi ad una corda lunga un metro, che quegli arditi corridori lanciano con una destrezza ammirabile, fracassando la testa del nemico anche ad una distanza di cinquanta passi.
- ↑ Tende patagoni.