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I canali dello Stretto di Magellano | 39 |
— Potrebbe arrendersi alle lagrime della fanciulla che ha tanto amata.
— E che probabilmente ora odia con tutte le sue forze. Bada alla scotta, José. Entriamo in un canale pericoloso che le williwans spazzano di frequente. —
La scialuppa cominciava a faticare assai, essendo le acque dello Stretto di Cookburn assai agitate, in causa dei precedenti colpi di vento.
L’isola di Clarence era stata superata ed il canale s’allargava considerevolmente, formando un immenso estuario chiuso da ogni parte da aspre ed altissime spiaggie rocciose, per lo più tagliate a picco, e da montagne d’aspetto orribile e selvaggio, le cui cime erano coperte di neve.
Al nord giganteggiava il Qurney, un picco enorme che sorge isolato all’estremità di King-William, sulla costa patagone e che spinge la sua cima a mille e novecento metri; verso l’est invece spiccava il capo Tamar, roccia imponente, che cade a piombo sul mare; all’ovest le orride montagne della Terra di Desolazione.
Alla base di quei giganti si scorgevano cupe foreste di faggi, di mirti e di felci le quali salivano gradatamente verso gli altipiani superiori, ed immensi strati di licheni e di muschi che parevano grondanti d’acqua.
Nessun canotto, nessuna scialuppa solcava le acque tormentate di quella profonda baia. Dovunque uccelli invece, che svolazzavano in bande sempre più numerose e che gremivano gl’isolotti, le scogliere e le spiaggie e non mostravano di preoccuparsi affatto della presenza dei due naviganti.
Alle otto di sera la scialuppa passava dinanzi all’ancoraggio di Plaza Parda e s’inoltrava nello stretto di Magellano il quale si prolunga per sette miglia e in certi punti è largo solamente tre, per internarsi un’ora dopo nel Long-