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Un dramma su un banco di ghiaccio | 293 |
Grazie, Piotre, ed anche a voi Pardoe.
— Sì, ben preparati, non sono poi troppo cattivi i micropteri, — disse il signor Lopez. — Privati del loro grasso, che ci darà anzi dell’olio per accendere un po’ di fuoco, sono ancora passabili. Ci penso io.
— Ed il fuoco per cucinarli? — chiese Mariquita.
— Abbiamo i fornelli dei fuegini nei canotti e ce ne serviremo. Non mancano le corde che ci serviranno da lucignoli.
L’arrosto non riuscirà certo molto squisito, tuttavia sapremo adattarci alle circostanze.
Finchè preparate la casa, io mi occuperò della cucina.
— Ed io ti aiuterò, padre, — disse la giovane araucana.
— E poi abbiamo parecchie dozzine d’uova, — aggiunse Pardoe. — Se non saranno molto gustose, saranno almeno sostanziose. —
I due balenieri vuotarono le tasche, formando un bel mucchio d’uova, poi esaminarono il ghiaccio per cercare il punto migliore ove innalzare la capanna.
Vi erano parecchi cumuli di ghiaccio limpidissimo, a pochi metri dai due canotti, che potevano dare dei materiali eccellenti. Pardoe e Piotre, armatisi della scure, si misero a tagliare dei grossi quadri, disponendoli poi all’intorno, l’uno sull’altro. Il freddo era diventato così intenso, che quei blocchi si saldavano subito senza bisogno di versarvi sopra dell’acqua per gelare le fessure.
Alonzo non si era mosso per aiutarli. Se ne stava seduto su un cumulo, guardandoli con aria così ironica, da far arrabbiare il baleniere. Già due o tre volte questi aveva interrotto il lavoro, fissando in modo provocante l’ex capo dei selvaggi.
Finalmente, non potendo più contenersi, la sua ira scoppiò.