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Un dramma marittimo 29


— Ah! mio Dio! — esclamò Pardoe, impallidendo.

Si slacciò rapidamente la fascia di lana rossa e levò il foglio che era ancora piegato in quattro.

Il signor Dalmanda lo spiegò, con una certa agitazione che gli faceva tremare le mani e vi gettò sopra uno sguardo.

— Questo è un passaporto intestato a Solano Pananos, rilasciato dalle autorità di Valdivia.

— Aspettate, signore, — disse José. — Vi sono delle parole scritte a matita e molte. —

Il direttore obbedì. La parte opposta del passaporto era coperta di parole scritte con una matita, assai irregolari, come se la mano che le aveva vergate fosse stata assai malferma, ma però abbastanza intelligibili. Le lettere erano grandi e rotonde, per lo più staccate l’una dall’altra, una vera calligrafia da marinaio le cui mani, abituate a tirare le grosse gomene, male si adattano a stringere una sottile asticciuola.

— Leggete, signore, leggete, — disse Pardoe, con voce alterata.

Il signor Dalmanda indugiò alcuni momenti, non riuscendo sulle prime a ben comprendere quella calligrafia, poi lesse lentamente:

« 19 Giugno 1859.

« Nel momento di comparire dinanzi a Dio, giacchè ho perduta ogni speranza di venire salvato, faccio la seguente dichiarazione perchè non s’incolpi nessuno della mia morte, nè di quella di mio fratello Alfonso.

« Ci siamo salvati su questa balena aggrappandoci alle lenze, nel momento in cui la nostra scialuppa veniva sfondata da un colpo di coda che deve aver ucciso tutti i nostri compagni.

« Non sappiamo che cosa sia accaduto della Rosita, comandata dal capitano Alonzo Gutierres, che avevamo la-