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La fuga 283


— E affronteremo il mare su quelle deboli scialuppe?

— Pel momento sì, poi torneremo, se potremo, — rispose Alonzo.

Si fermò e si guardò alle spalle, facendo segno a tutti di non parlare, poi accostò un orecchio al suolo.

— Sì, c’inseguono, — disse poi, rialzandosi. — Fuggiamo presto. —

Avevano presa la corsa. Anche il vecchio Pardoe, quantunque ferito, precipitava il passo, sorretto da Piotre.

Già si trovavano a poche centinaia di passi dalla spiaggia, quando udirono delle grida. Una torma di selvaggi era uscita dai boschi e scendeva velocemente le colline.

— Eccoli! — gridò il signor Lopez.

— Seguitemi, — disse Alonzo, con un gesto imperioso.

Si dirigeva verso alcune rocce le quali pareva che celassero qualche piccola cala e che si spingevano molto innanzi nella baia, formando due piccoli promontori.

I fuggiaschi scalarono velocemente le rupi e scesero la parte opposta senza rallentare.

Colà si estendeva un tratto di spiaggia sabbiosa e si vedevano arenati parecchi di quei canotti usati dai fuegini, fatti con scorze d’albero riunite e spalmate di resina.

Alonzo stava per slanciarsi verso il più grosso e che pareva anche il più solido, quando Piotre lo fermò, dicendo:

— Legatene due insieme, signor Gutierres, resisteranno meglio alle onde. Datemi ora la vostra scure.

— Che cosa ne volete fare? — chiese Alonzo.

— Lo vedrete: occupatevi dei due canotti voi. —

Prese la scure e si mise a tempestare le altre imbarcazioni, sfondandole una ad una.

— Così renderò impossibile un inseguimento sul mare da parte dei selvaggi. —

Intanto Alonzo e il signor Lopez univano frettolosa-