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solito. Mentre quelli che montavano i canotti s’arrampicavano sui fianchi della nave, saettando i pochi difensori con nubi di freccie e di giavellotti, gli altri si precipitavano in ranghi serrati contro Piotre ed i suoi compagni, che si erano addossati contro la scialuppa.
Il baleniere, pazzo di furore, risoluto a far pagare ben cara la vittoria a quei mostruosi cannibali, sparava senza tregua, incitando i suoi uomini. Ogni palla colpiva inesorabilmente, pure gli Ona erano tanti che le perdite diventavano insensibili.
Turbini di freccie e di giavellotti giungevano da tutte le parti. Già due marinai fino dal primo urto erano caduti, mortalmente feriti, trapassati da quei dardi e anche il vecchio Pardoe era stramazzato, stordito da un colpo di mazza che non aveva avuto il tempo di parare.
Piotre, la cui forza pareva che fosse centuplicata, teneva fronte al nemico.
Mancatogli il tempo di poter ricaricare, aveva impugnata la carabina per la canna e, roteandola furiosamente, spezzava lancie, fracassava teste, sfondava petti, mentre il vecchio esploratore, al suo fianco, scaricava a bruciapelo il suo moschetto, assistito dai marinai.
Intanto nella baia le detonazioni diventavano più rade. I canotti avevano ormai abbordata la Quiqua ed irrompevano sulla tolda con clamori vittoriosi.
— Piotre, — disse il signor Lopez, con accento straziante. — Mariquita è presa! L’ho veduta calare in un canotto.
— E noi fra qualche minuto saremo morti, — rispose il baleniere, con voce cupa.
— Arrendiamoci..... è inutile continuare la resistenza... Tutti i marinai sono caduti. —
Il signor Lopez non potè continuare. Un selvaggio lo