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256 Capitolo XVIII.

proteggere Piotre ed i suoi compagni. Era ancora lontana qualche miglio, essendo il vento contrario e l’equipaggio troppo scarso per manovrare le vele.

Da tutti i seni della spiaggia uscivano allora delle ombre allungate, che si radunavano verso l’estremità d’un promontorio.

— I canotti, — mormorò il pescatore.

S’alzò impugnando la scure di pietra che si era legata alla cintura e percosse poderosamente e replicatamente i fianchi della scialuppa, sfondando parecchie tavole.

Udendo quel fracasso, i due marinai, che stavano appiattati fra i cespugli, si erano levati urlando.

— All’armi! —

Vedendo il cacciatore di guanachi colla scure ancora alzata, scaricarono simultaneamente i loro fucili, gridando:

— Tradimento! Capitano! Signor Lopez! Tradimento! —

Il selvaggio aveva spiccato un salto scomparendo fra le onde che si rompevano contro la spiaggia.

Piotre ed i loro compagni, a quegli spari ed a quelle grida avevano interrotto le loro ricerche, scendendo precipitosamente la china.

— Su chi avete fatto fuoco? — chiese il baleniere, con agitazione.

— Tradimento, capitano! — rispose uno dei due marinai. — Il cacciatore di guanachi ha spezzato il gran canotto.

— Il cacciatore? Ah! l’infame! — esclamò Pardoe.

— Tutti gli stessi, — disse Piotre, con furore. — Nati traditori, morranno traditori. Ma se credono di averci in loro potere s’ingannano. Ecco la Quiqua che sta per giungere. —

Sì, la nave baleniera stava per arrivare, ma non per toccare la costa, giacchè un gravissimo pericolo la minacciava. Un numero infinito di canotti, montati da selvaggi armati