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248 | Capitolo XVII. |
preda, perchè, giunti dinanzi alla spaccatura, si erano fermati, sdraiandosi al suolo, in attesa che le vittime destinate a fornire l’arrosto, abbandonassero il loro rifugio.
— Credi che vi sia là dentro il capitano? — chiese Pardoe al cacciatore di guanachi, che strisciava al suo fianco.
— Ne sono sicuro, — rispose questi. — Se fossero invece fuegini, si sarebbero già accorti della presenza dei loro nemici. Noi li sentiamo a delle distanze incredibili ed a quest’ora quelli che si trovano nel cimitero avrebbero impegnata la lotta, o tentata per lo meno la fuga.
— Che cosa dice quest’uomo? — chiese il signor Lopez, che non comprendeva troppo bene il barbaro spagnuolo parlato dal cacciatore, condito con parole fuegine.
— Che Piotre e la signora Mariquita sono là dentro.
— Miriamo bene quei mangiatori di carne umana e poi, alla carica! Badate che le palle non vadano a finire dentro la spaccatura. —
I marinai si stesero al suolo, in catena e mirarono con tutta comodità gli antropofaghi che formavano due gruppi distinti, l’uno a destra e l’altro a sinistra dello squarcio.
— Fuoco! — gridò ad un tratto il signor Lopez.
I moschetti formarono una scarica sola. I selvaggi, sorpresi a loro volta, si erano alzati, balzando come lepri e gettando urla di terrore, e non tutti si erano levati. Tre o quattro si dibattevano al suolo, agitando pazzamente le braccia e le gambe. Nel medesimo istante un uomo di statura gigantesca, che teneva in mano un grosso ramo acceso, s’era slanciato fuori della spaccatura piombando con slancio irresistibile sui selvaggi, percuotendo poderosamente i dorsi di coloro che non erano stati troppo lesti a fuggire.
Il signor Lopez e Pardoe avevano mandato due grida.
— Piotre! Il capitano! —
L’uomo che accarezzava così bene le spalle di quei luridi