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Il Cimitero dei Marangoni | 227 |
tava meglio di una focena, con vigore sovrumano, insensibile ai morsi crudeli dell’acqua gelata che non aveva presa sulle sue membra d’acciaio e fendeva impetuosamente le onde o le vinceva sormontandole. Pareva un dio marino, un tritone o qualche cosa di simile.
Non aveva che una sola preoccupazione: quella di evitare che le creste dei marosi, sollevate del vento, sferzassero troppo rudemente il viso di Mariquita. Con poderosi colpi di tallone e con bracciate potenti, sormontava i cavalloni, mantenendo alta la testa. Sentiva tremare le braccia di Mariquita strette attorno al collo e quel tremito, come durante la corsa furiosa, gl’infondeva maggior forza.
— Piotre, — disse ad un tratto la giovane araucana, assiderata dal freddo. — Dove mi conducete voi? Sento che il mio cuore si gela.
— Vi salvo, — rispose il baleniere.
— Dove andiamo noi?
— Non lo so..... e che importa? Vorrei portarvi via per sempre.
— Non vedo nulla.
— Troveremo qualche scoglio.
— Tutto è nebbioso intorno a noi.... se vi stancaste?
— Io! Il baleniere Piotre! Con te.... Mariquita, mi sentirei capace di nuotare fino allo stretto di Magellano. —
Era la prima volta che Piotre le dava del tu. Quella parola confidenziale fece sull’araucana un effetto così strano da fermarle sulle labbra ogni risposta.
— Là..... guardate, — disse dopo alcuni istanti Piotre. — Vedo un banco di ghiaccio che va alla deriva. Lo raggiungeremo.... poi vedremo..... —
Non aveva più osato darle del tu. Nuotava invece con una specie di furore, guardando quel ghiaccione che le onde trastullavano e che qualche corrente spingeva con una