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220 Capitolo XV.

la corsa. Gl’inseguitori, malgrado la nebbia, non lo avevano perduto ancora di vista e lo perseguitavano con accanimento senza pari, bramosi forse di assaggiare la tenera carne della bella giovane che egli teneva fra le braccia, più che la sua.

Piotre non li lasciava accostare troppo. Con slanci furiosi riusciva a tenerli sempre a distanza.

Il suo vigore, che doveva essere prodigioso, non si affievoliva; pareva che Mariquita non gli pesasse più d’un fanciullo e che anzi il contatto della giovane gli mettesse il fuoco nelle vene e gl’infondesse una forza da gigante.

— Sì.... correte pure.... raggiungetemi se potete. — diceva. — Non me la strapperete.... canaglie.... —

E si stringeva sempre più al petto Mariquita, con una specie di frenesia, correndo alla disperata e aspirando rumorosamente l’aria gelida. Quando i capelli della giovane araucana, che si erano sciolti in quella pazza corsa, lo sferzavano in viso, o gli si attortigliavano attorno al collo, alzava gli occhi e la guardava sorridendo, felice di poter stringere al petto quella donna che tanto aveva amata e per un momento dimenticava i selvaggi che lo inseguivano per pascersi, belve feroci, delle carni di ambedue.

Dove fuggiva? Non lo sapeva, nè pareva che se ne preoccupasse. Non pensava nemmeno più alla scialuppa, anzi non avrebbe voluto ritrovarla per non troncare quella corsa che gli faceva battere forte il cuore e che lo faceva vibrare fino nel profondo dell’anima.

Mariquita, appoggiata sul largo petto del baleniere, colle sue mani strette al poderoso collo di lui, lo guardava con ammirazione, e si domandava fino a quando quell’uomo avrebbe potuto resistere e dove la portava.

Il bosco era stato attraversato e Piotre scendeva all’impazzata una costa cosparsa di muschi carichi d’umidità e