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Il tradimento 213


L’aria vi circola così liberamente, ed il vento e il freddo vi entrano con tutto il loro comodo. Il tetto poi è tanto male costruito che la pioggia filtra da tutte le parti nell’interno dell’abitazione.

I mobili sono affatto ignoti. Tutto l’arredo si riduce ad un po’ di graminacee che servono da letto, e qualche canestro per conservare delle bacche somiglianti al corbezzolo che si raccolgono sui terreni torbosi, ed a qualche sacco di pelle di foca contenente il pesce secco.

In alto una vescica piena d’acqua che serve da otre e che ha un buco che permette a ogni membro della famiglia di accostarvi le labbra per dissetarsi.

La capanna del cacciatore di guanachi conteneva anche delle pelli d’animali, tese a seccare e delle armi consistenti in archi, in frecce, lancie dalla punta d’osso e coltelli fatti con conchiglie taglienti.

Il proprietario, forse già avvertito dai pescatori, vi era già e si scaldava attorno ad alcuni rami di berberis, rosicchiando un pezzo di pesce secco che non si era preso la briga di cucinare.

Pareva che appartenesse ad un’altra razza, non avendo la statura nè i lineamenti degli Ona, che sono considerati come i più belli abitanti della Terra del Fuoco.

Era alto appena cinque piedi ed aveva le membra magrissime, intisichite, la fronte bassissima ad angolo ottuso, coi capelli grossi, ruvidi e neri, quasi uniti alle sopracciglia, gli occhi piccini e vivacissimi, animati da un lampo sinistro, il naso camuso e la faccia larga con varii peli irsuti e grossi come setole, il collo corto, le spalle incurvate e le membra sproporzionate. Il suo aspetto, oltre ad essere ributtante, aveva un’espressione tale di ferocia, da incutere paura, espressione che si è già osservata in quasi tutti i selvaggi delle coste meridionali e occidentali della Terra del Fuoco.