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212 | Capitolo XV. |
di cui sono ghiottissimi. Piotre non lo perdeva di vista un solo momento e lo sorvegliava sospettosamente, quantunque quella boscaglia sembrasse deserta. Anche papà Pardoe apriva bene gli occhi e si teneva accanto Mariquita, perchè non si discostasse. Nè l’uno nè l’altro, conoscendo con quali bricconi avevano da fare, ladri, traditori e antropofaghi, non erano del tutto tranquilli e pensavano insistentemente alla partenza precipitosa dei pescatori.
Avevano percorso quasi un miglio, inoltrandosi nella foresta che diventava sempre più fitta, quando lo stregone si fermò, dicendo a Piotre:
— Il cacciatore di guanachi è vicino.
— L’hai veduto? — chiese il baleniere.
— La sua casa si trova qui.
— Sarà stato avvertito del nostro arrivo?
— Ci aspetta, ne sono certo. —
In mezzo ad un folto gruppo di piante grondanti di umidità, si vedeva alzarsi lentamente del fumo, e ciò indicava la vicinanza di qualche capanna, se non di un accampamento. Lo stregone, servendosi di una scure di pietra, si aprì il passo fra quei vegetali e giunse in mezzo ad una piccola aia su cui s’alzava una meschina abitazione.
Gl’isolani della Terra del Fuoco, a qualunque tribù appartengano, non si sono mai curati di costruirsi delle vere capanne che li riparino dalle nevi e dai venti freddissimi che soffiano senza tregua sulla loro isola, e tanto meno dalle pioggie.
Le loro abitazioni si compongono di schegge di legno e di rami ammassati alla buona, in modo da formare una specie di pan di zucchero, per lo più con una vasta apertura da una parte che ha press’a poco un ottavo della circonferenza dell’intero abituro e che serve di porta e di sfogo al fumo, non conoscendosi là i camini.