Pagina:Salgari - La stella dell'Araucania.djvu/192

192 Capitolo XIV.

tità, guanachi in gran numero, struzzi, vischache ecc., tende comode che lo riparano dai freddi e dai venti, vesti che lo difendono dai rigori dell’inverno; il fuegino invece trema di freddo otto mesi dell’anno e soffre la fame tutti i dodici.

Questa è una razza in decadenza che va perdendo l’antica robustezza e anche l’antica civiltà, perchè non vi è dubbio che anche i fuegini discendano dal potente impero degli Incas, avendo una lingua ricchissima al pari di quella dei peruviani, che ha più di 30.000 vocaboli, mentre i popoli primitivi, veramente selvaggi, l’hanno sempre avuta poverissima.

Ah! avevate ragione, Piotre, di dirmi che qui troveremo dei selvaggi. Non vedete sulla costa, in mezzo a quei gruppi di faggi antartici, alzarsi delle colonne di fumo?

— E vedo anche dei punti neri staccarsi dalla costa, — rispose il baleniere.

Devono essere canotti che pescano o che cercano di venirci incontro.

Andiamo a cercare un ancoraggio; poi vedremo d’interrogare quegl’indigeni.

— Conoscete la loro lingua?

— Abbastanza per farmi intendere e anche papà Pardoe ne sa qualche cosa. —

La baleniera, dopo aver girato un capo assai roccioso che spingeva la sua cima granitica a trecento metri di altezza, e dopo aver evitata una scogliera contro cui le onde dell’Atlantico si rompevano con fracasso assordante, facendo spumeggiare le acque per parecchie miglia intorno, si era inoltrata nella baia.

Colà, dietro le scogliere che la proteggevano dalla furia dell’oceano, regnava una certa calma. L’ondulazione non era più violenta ed i cavalloni, infranti da quegli ostacoli, si spiegavano tranquilli, rumoreggiando verso la costa.