Pagina:Salgari - La stella dell'Araucania.djvu/159


Sull'Atlantico 159

ciarsi là dentro; un altro avrebbe esitato a lungo e forse non vi si sarebbe arrischiato. Ma il baleniere non aveva paura e non esitava mai dinanzi al pericolo, anzi pareva che provasse un piacere strano nell’affrontarlo e che si divertisse a scherzare colla morte. Guardava con quel suo sguardo freddo e tranquillo i giganti che si cozzavano, con un sorriso quasi sdegnoso sulle labbra sottili, colla fronte serena. Nessuna ruga del suo volto, nessun trasalimento nelle sue membra, nessuna apprensione nel suo cuore che doveva essere corazzato.

Nel momento in cui la piccola nave, un guscio di noce, meno ancora, in paragone ai vecchi giganti polari, si spingeva nel canale con una temerità da far rabbrividire i più vecchi lupi di mare dell’equipaggio, i suoi occhi cercarono Mariquita. La giovane, come se già avesse sentito quello sguardo, s’era voltata verso poppa.

— Il pericolo è là, — diss’egli, indicandole un enorme ammasso di ice-bergs, che s’urtavano per aprirsi il passo fra i banchi di ghiaccio. — Ma non abbiate paura: sono io al timone. —

Nel pronunciare quelle parole, il suo volto si era rapidadamente colorito, mentre un lampo d’orgoglio gli animava gli occhi. Era fiero di mostrare alla sua futura moglie che era il più ardito marinaio dell’Oceano Antartico, ben più audace e più risoluto di suo cugino.

Mariquita aveva risposto con un cenno del capo e con un sorriso. Quantunque pensasse costantemente al povero Alonzo, pure non poteva fare a meno d’ammirare sempre più quell’uomo che sfidava così intrepidamente la morte.

La Quiqua, dopo un’ultima bordata si era cacciata nel canale, filando fra una doppia fila di ice-bergs che rollavano pesantemente, stritolando i piccoli ghiacci.

Un profondo silenzio regnava sulla tolda della piccola