Pagina:Salgari - La stella dell'Araucania.djvu/157


Sull'Atlantico 157


— Sfacellata di colpo come se fosse stata fabbricata di carta pesta. Eppure era solida e tre volte più grande della Quiqua.

— Ed i tuoi compagni?

— Quasi tutti annegati o schiacciati, signore.

— E come ti sei salvato?

— Per puro caso. Era una montagna due volte più grossa di quella che si è rovesciata ora ed aveva perduto l’equilibrio nel momento in cui noi avevamo ramponata la balena. Nessuno aveva pensato al pericolo, tanto eravamo entusiasmati pel buon esito della pesca.

Tutto ad un tratto, vediamo la montagna natante inchinarsi dalla nostra parte, con una rapidità tale da rendere impossibile qualsiasi manovra.

Che cosa sia successo, veramente non lo so nemmeno io. Mi ricordo d’aver udito un fracasso spaventevole e d’aver veduto dei massi enormi piombare sulla nostra nave e sfondarle la tolda, e d’essermi trovato in acqua. Ero caduto o mi ero gettato io in mare nel momento in cui la nave veniva sfracellata? Non ve lo saprei dire.

Quando tornai a galla e potei aggrapparmi ad un pezzo d’albero, il veliero era scomparso e di quattordici compagni eravamo rimasti solamente in cinque fra cui uno gravemente ferito che morì tre ore dopo.

— E come avete fatto a resistere, immersi in quell’acqua fredda, e poi raggiungere la costa?

— Fummo raccolti da un baleniere il cui equipaggio aveva assistito al nostro disastro, — disse il pescatore.

— Povero Pardoe, — disse Mariquita. — E chissà che una sorte eguale non sia toccata anche ad Alonzo, — aggiungeva poi con un sospiro.

— Speriamo di no, signora; auguriamoci ritrovarlo ancora sano e salvo sulle spiaggie della Terra del Fuoco. Chissà