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156 | Capitolo XI. |
petofurioso sulla Quiqua sollevandola bruscamente a prodigiosa altezza, poi la precipitò in un abisso che pareva non dovesse avere più fondo.
La scossa subita dalla baleniera era stata tale, che se papà Pardoe e José non si fossero trovati dietro Mariquita, la giovane sarebbe stata indubbiamente sbalzata sopra il bordo o rovesciata sulla tolda. Anche il signor Lopez era stato sorretto a tempo da un marinaio, che fortunatamente in quel momento si trovava al suo fianco.
La Quiqua, dopo essere stata brutalmente scrollata in tutti i sensi, aveva rimontata l’onda non senza imbarcare una grande quantità d’acqua ed aveva ripresa la sua marcia, urtando poderosamente i marosi coi suoi robusti fianchi.
La montagna natante, dopo essersi sprofondata, era risalita presentando un’unica cresta invece di tre ed altri bastioni ed altre torri. Era la parte immersa che ora mostrava, mentre quella che prima il sole illuminava si trovava sott’acqua ad una profondità di otto o novecento metri.
— Che capitombolo! — disse il signor Lopez.
— Lo squilibrio di queste montagne, che non si può prevedere, è quello che costituisce il maggior pericolo pei naviganti polari, — disse Pardoe. — Supponete che la caduta fosse avvenuta quando la nostra baleniera passava accanto a quell’ice-bergs!
— Fremo solamente a pensarci.
— Vi credo, signore; a quest’ora nessuno di noi sarebbe, vivo, ve l’assicuro io che ho provato una simile emozione quando andavo a pescare le balene, presso le coste della Terra di Palmer.
— E sei sfuggito alla morte?
— Non sarei qui a parlarvi, signor Lopez, — disse il pescatore ridendo.
— E la nave che montavi?