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Sull'Atlantico | 153 |
l’orlo dei crepacci, pronta a scomparire al menomo indizio di pericolo.
La Quiqua, guidata da Piotre, manovrava con un’abilità che faceva stupire il vecchio Lopez e anche papà Pardoe.
Scivolava fra ghiaccione e ghiaccione senza mai lasciarsi accostare nè prendere in mezzo; guizzava fra i canali e canaletti, cambiando ad ogni istante rotta e talvolta, quando la via sembrava chiudersi, s’avventava contro quegli ostacoli sfondandoli colla larga e solida prora e schiacciandoli sotto la carena.
Piotre, sempre calmo, impassibile, come un uomo sicuro di sè, non staccava mai lo sguardo dalla massa degli ice-bergs che si spostavano sempre, urtandosi rumorosamente e frantumandosi i fianchi con urti poderosi. Solamente di quando in quando si voltava per dare una rapida occhiata a Mariquita che, senza volerlo, ammirava l’audacia e la calma straordinaria di quell’uomo.
Poi i suoi occhi acuti tornavano a fissarsi sui ghiacci e precisamente là dove si delineava vagamente un canale.
La flottiglia mostruosa s’avvicinava sempre, spinta dalle onde e da qualche corrente che veniva dal largo. Pareva che fosse ansiosa di misurarsi con quella povera baleniera che faceva una così misera figura di fronte alle loro masse gigantesche.
Faceva paura a tutti, fuorchè a Piotre, il quale la guardava con disprezzo e col sorriso sulle labbra. Erano vere montagne, le cui altezze variavano dai due ai trecento metri, con tre volte tanto al disotto, con speroni e bastioni massicci, con torri e cupole e obelischi che di quando in quando, sotto gl’incessanti urti, diroccavano con fracasso. Avendo il sole dietro di loro, il quale lanciava i suoi ultimi raggi orizzontalmente, fiammeggiavano meravigliosamente assu-