Pagina:Salgari - La stella dell'Araucania.djvu/147


Sull'Atlantico 147


Pareva che ad ogni istante la chiglia dovesse toccare su qualche fondo o sventrarsi su qualche scogliera. Tutti erano diventati pallidissimi, perfino il vecchio Pardoe, e una profonda angoscia stringeva tutti i cuori. Tutti, no, quello di Piotre era sempre tranquillo e non tremava ancora.

Per tre ore la Quiqua continuò la sua corsa, lottando gagliardamente e anche vittoriosamente contro i venti e le onde, poi una calma improvvisa successe. I cavalloni erano diventati più larghi e meno impetuosi e le raffiche erano bruscamente cessate. Anche i muggiti e gli scrosci non si udivano quasi più, come se non esistessero più sponde nè scogliere.

— Dove siamo noi? — chiese il signor Lopez. — Che cosa è avvenuto?

— Giù le àncore! — gridò in quel momento Piotre. — Aspetteremo qui l’alba. —

Quindi, ceduta la barra ad un timoniere, s’avvicinò al signor Lopez e a Mariquita.

— Potete ritirarvi nelle vostre cabine; ormai non corriamo, almeno per questa notte, più alcun pericolo. La terribile prova è finita.

— Siamo già usciti dallo stretto?

— Siamo nel golfo di Possession, signore, e qui i williwans non sono più da temersi e nemmeno i Patagoni.

— Ci fermeremo qui fino a domani?

— Vi devono essere dei ghiacci all’uscita del golfo, — rispose Piotre, — e non oso affrontarli con questa oscurità. A mezzodì, se tutto andrà bene, noi navigheremo nell’Atlantico. Buona notte. —

E se ne andò, senza nemmeno aver guardato Mariquita, la quale durante quelle poche parole aveva voltato il capo verso prora, fingendo di seguire le manovre dei marinai.