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122 | Capitolo IX. |
così piene che si può camminare sopra i volatili senza nemmeno riuscire ad aprirsi il passo.
— Quante ricchezze perdute!
— La maggior parte di quegli uccelli ha la carne pessima, signor Lopez, che puzza orribilmente di rancido e di pesce. Ve ne sono di quelli che meritano lo spiedo, questo è vero, come le oche, che sono anzi squisitissime.
— Io parlo delle loro penne, vecchio Pardoe, — rispose il signor Lopez. — Non sai che i popoli dell’Artico Boreale guadagnano dei bei milioni con la caccia dei loro uccelli marini, che sono poco dissimili da questi?
— Dei milioni! Eh via, signor Lopez! — disse il baleniere.
— Si arricchiscono più cacciando i volatili che le balene.
— Ecco una cosa che duro fatica a credere; ma se fosse vera, bisogna dire che i nostri compatriotti non sanno di avere a portata di mano delle ricchezze che potrebbero raccogliere con poca fatica, giacchè questi volatili si lasciano uccidere colla miglior buona grazia del mondo, senza quasi protestare.
— E invece essi li trascurano. Se gl’isolani dell’Europa settentrionale venissero qui, che stragi immense farebbero e quali ricchezze raccoglierebbero!
Per dartene un’idea, ti basti sapere che nelle sole isole Farol, quegli abitanti non uccidono mai meno di trentamila gabbiani e ottantamila ottarie ogni anno.
— Per le penne?
— Sì, caro Pardoe.
— E che cosa ne fanno?
— Le mandano in Inghilterra ed in Francia per adornarne i cappelli delle signore.
— Ah! Non ne aveva idea!
— Anche in altre regioni fanno delle ecatombi mostruo-