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In mezzo ai ghiacci | 121 |
meno in parte, la foga. Era una terra bassa, tutta cosparsa di metrosideros, piante marine che pendono dalle rocce come le chigophore dei tropici, di muschi grondanti d’umidità e di bolaseglebaria, stravaganti vegetali che formano delle masse emisferiche, compatte e durissime, color verde giallastro, con rami e foglie contorte, e che trasudano una specie di gomma aromatica.
Non pareva popolata che di volatili i quali vi erano radunati in così enormi quantità da oscurare talvolta la luce solare, quando i loro stormi s’alzavano.
Ve n’erano di tutte le specie e pareva che vivessero in buona armonia.
Tutte le rupi erano coperte di micropterus che cicalavano a piena gola, pettegolando come vecchie comari, allineati come tanti soldati; sopra di essi volteggiavano senza posa immense schiere di avoltoi dalla testa scarlatta; di cheucan, volatili che somigliano agli uccelli lira, ma colla coda corta e le zampe grossissime e che lanciavano senza posa i loro guie-guil monotoni; dei chlolphaghe antartici che somigliano alle oche, con forme più eleganti, il becco cortissimo e le penne nero-scure, e di urile le quali strette su tre file, in ranghi serrati, lanciavano grida rauche e scordate da lacerare gli orecchi.
Quanti ve n’erano? Certamente dei milioni e milioni che vivevano del tutto indisturbati, quantunque molti di loro avrebbero potuto fornire carni eccellenti e piume non meno apprezzate di quelle dei volatili nordici.
— Che spettacolo! — esclamò il signor Lopez, il quale, appena terminato il pranzo era risalito in coperta assieme a Mariquita. — Non ne ho mai veduti tanti agglomerati in così breve spazio.
— Ed io ne ho veduti anche di più, — disse papà Pardoe che gli si era accostato. — Le isole australi ne sono