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Lo Stretto di Magellano 107


Alcuni calavano sui pennoni della Quiqua senza dimostrare alcun timore per la vicinanza degli uomini; i più scendevano fra le scogliere a cercare fra le alghe, che sono abbondantissime nello stretto di Magellano, i piccoli crostacei sebastis dalle scagliette fiammeggianti.

La Quiqua, abilmente guidata da Piotre, aveva già cominciato ad aprirsi il passo fra quei lastroni di ghiaccio che ingombravano il Second Narrows e non opponevano troppa resistenza alla salda prora della baleniera. Non erano che frammenti staccati dagli ice-bergs e che i venti dell’est avevano cacciati nello stretto, dove non dovevano tardare a sciogliersi.

La nave s’avanzava nondimeno con prudenza, per non urtare contro qualche scogliera nascosta sotto quei ghiacci.

Piotre non ignorava la presenza della scogliera di Walker, una delle più pericolose del canale, che era stata già funesta a molte navi, non escluse quelle dello scopritore portoghese, perciò s’avanzava adagio, tenendo chiusa buona parte della velatura.

— Audace, ma anche prudente, — disse papà Pardoe al signor Lopez, il quale osservava Piotre. — Con quest’uomo noi andremo ben lontano.

— Lo credo anch’io, — rispose il vecchio esploratore. — E poi tutti parlano con entusiasmo della perizia di questo baleniere. Guarda come manovra tranquillo e con quanta sicurezza; eppure stiamo attraversando la parte più difficile del canale.

— È vero, signor Lopez. Questo stretto, specialmente d’inverno, offre gravi pericoli per le navi che non lo conoscono. Fortunatamente per noi regna calma sulle montagne della Terra del Fuoco e la Quiqua non verrà presa di traverso dai williwans.