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I misteri delle foreste cubane 87

sul conto di quegli sconosciuti e forse su quel caro signor Del Monte. Oh!... Possiamo fare una passeggiata su quell’isolotto. —

Si guardò intorno, temendo qualche sorpresa od un improvviso ritorno di quegli uomini, poi salì sulle radici dei paletuvieri e passando dall’una all’altra ed aprendosi il passo fra i rami e le foglie, attraversò i banchi, giungendo in brevissimo tempo sull’isolotto.

Era un piccolo brano di terra, di forse cinquanta metri di circonferenza, circondato da alte canne palustri e da paletuvieri e coperto da alti mangli, i quali colle loro radici avevano rassodato il suolo che un tempo doveva essere stato un semplice banco limaccioso.

Nel mezzo Cordoba scorse una piccola capannuccia di foglie di banani, piantata su quattro pali che la mettevano al coperto dalle inondazioni ed anche dagli assalti dei caimani e fors’anche dai grossi serpenti d’acqua delle savane.

— Che sia il rifugio di qualche negro che ha da rendere dei conti alla giustizia? — si chiese. — Oppure qualche stazione delle spie degl’insorti?... Vediamo. —

S’arrampicò lestamente su di un palo e raggiunse la piattaforma issandovisi sopra. La prima cosa che scorse fu un’amaca tesa fra i due pali più grossi e che occupava mezza capanna, e poi una raccolta di banani, di cedri e di mangli, quindi una lepre che pareva fosse stata scuoiata di recente, poi appesi ad una trave un fucile da caccia di vecchia fabbricazione ed un carniere assai gonfio.

— Si può andare a vedere cosa vi è là dentro, — mormorò Cordoba, diventato eccessivamente curioso.

Tirò giù il carniere e si mise a frugarlo, levando successivamente del canape, una scatola di polvere, un rotolo di pallini, poi degli stracci. Stava per rimettere tutto a posto, quando vide sfuggire, da uno di quegli stracci, un pezzo di carta ripiegata in quattro.

— Oh!... Oh!... — mormorò. — Vediamo cosa contiene; suppongo che non sarà un piano di guerra degl’insorti. —

Spiegò la carta e appena guardatola non potè frenare un gesto di stupore, nè trattenere un grido.

— Ritorniamo presto e di corsa, — disse, cacciandosi in tasca quella carta. — Ah!... Mio caro Pardo, ti giuro che l’Yucatan non è fatto per te.

Ridiscese prontamente, attraversò i paletuvieri, sostò un momento sulla riva per vedere se era seguito, poi si lanciò attraverso la foresta, ripetendo:

— L’Yucatan non fa per te. —