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86 Capitolo decimo

Il luogo sembrava deserto. Non si vedevano che stormi di beccaccini volteggianti al di sopra delle piante palustri, uccelli molto stupidi che si lasciano ammazzare a centinaia, senza spaventarsi dei colpi di fucile o per la morte dei loro compagni, volatili, come si vede, molto diversi dai nostri che sono invece così diffidenti. Cordoba, dopo d’aver dato uno sguardo alla savana, stava per tornare indietro, quando la sua attenzione fu attirata da un grosso caimano il quale si dirigeva, con una certa fretta, verso un isolotto coperto di folte piante che sorgeva a breve distanza dalla riva, alla quale anzi era collegato da una serie di piccoli banchi coperti da paletuvieri.

— Cosa può spingere quell’ingordo bestione verso quell’isolotto? — si chiese Cordoba. — Bisogna che vi sia qualche preda laggiù. —

Si nascose dentro il tronco d’un enorme cedro, afferrò il fucile e attese seguendo le evoluzioni del rettile, il quale di passo in passo che s’avvicinava all’isolotto, diventava più prudente.

Già il ributtante mostro non distava che quindici o venti passi, quando Cordoba vide le estremità delle piante agitarsi, poi qualche cosa di bianco trasparire fra i rami e le foglie e passare rapidamente in mezzo ai paletuvieri.

Carrai!... — mormorò. — Vi sono degli uomini nascosti e che cercano di raggiungere la riva. Non possono essere che insorti e forse degl’insorti che ci spiano. —

Alzò bruscamente il fucile e lo puntò verso i paletuvieri; una subitanea riflessione lo trattenne.

— Non commettiamo delle corbellerie, — disse, abbassando l’arma. — Forse quegli uomini ignorano la nostra presenza e se faccio fuoco, potrebbero piombarci addosso in grosso numero. Fulmini!...

Quella esclamazione repentina gli era stata strappata nello scorgere un cappello di paglia, dalle ampie tese, apparire fra l’apertura di due fronde.

— Fulmini!... — ripetè, con profondo stupore. — O m’inganno assai o quello era il cappello del nostro cubano. —

S’alzò di scatto e si mise a correre attraverso al bosco per giungere su quella riva prima che gli uomini dell’isolotto potessero scomparire. S’accorse ben presto che l’impresa non era facile in causa del terreno pantanoso, delle liane e delle radici che serpeggiavano dovunque in ammassi enormi.

Quando dopo lunghi sforzi e dopo d’aver lasciato parecchi lembi della sua giacca in mezzo agli sterpi ed alle spine potè giungere di fronte all’isolotto, gli uomini che sperava di poter scorgere erano ormai spariti nel folto della foresta.

— Dannata selva!... — esclamò il lupo di mare, che era diventato di assai cattivo umore. — Se non avessi incontrate tutte quelle liane e quelle radici, a quest’ora potrei sapere qualche cosa