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L'insurrezione Cubana 61

Gl’insorti, esausti, affranti da quella lunga campagna, nel febbraio del 1878 deponevano le armi ottenendo però il diritto di nominare deputati propri, la libertà degli schiavi negri, una nuova e più liberale costituzione e concessioni di terre.

Disgraziatamente quella pace doveva durare ben poco, e la guerra che aveva già inghiottiti novecento milioni, doveva scoppiare di nuovo con maggior accanimento e trascinare la Spagna, suo malgrado, in un conflitto ben più grosso, cioè a quello cogli Stati Uniti d’America.

Difatti nel febbraio del 1895 l’insurrezione scoppiò improvvisa, con vigore spaventevole. Le promesse non mantenute dal governo spagnolo, le sobillazioni degli Stati Uniti, avidi di porre le mani sull’agognata Perla delle Antille ed i loro denari, nonchè le aspirazioni, non mai domate, dei vecchi capi delle precedenti ribellioni, di rendere finalmente l’isola libera, avevano prodotto il loro effetto.

Maso, discendente d’una delle più nobili e ricche famiglie di Cuba, un veterano della guerra dei dieci anni, pel primo dà il segnale della rivolta al grido di independencia o muerte. Incendia le sue vastissime piantagioni, arma i suoi uomini e si getta nei boschi dove poco dopo viene raggiunto da Maceo, un valoroso mulatto, da Maximo Gomez, un sandominghese audace ed astuto, da Capote, uno dei più distinti avvocati dell’Avana, dal tenente colonnello Stirling, proprietario di immense piantagioni di tabacco, da Fregre, membro della corte superiore dell’Avana, da Silva, uno dei più noti medici e dallo scrittore Aleman.

I piccoli possidenti, già rovinati dalle precedenti insurrezioni, ed i negri, accorrono da tutte le parti ad ingrossare le file degl’insorti, mentre ufficiali americani, polacchi, francesi e qualcuno anche inglese si mettono alla testa delle bande, e navi filibustiere degli Stati Uniti sbarcano armi, munizioni e numerario.

L’insurrezione, malgrado gli sforzi degli spagnoli, si estende in tutta la provincia di Pinar del Rio, minacciando perfino la capitale.

La Spagna comprende che sta per giuocare una carta disperata e che dietro gl’insorti vi sono gli Stati Uniti. Con slancio patriottico impegna risolutamente la lotta, decisa a farsi schiacciare, ma non a ripiegare la bandiera che da quattro secoli sventola sulla Perla delle Antille.

Nè il clima micidiale dell’isola, pericoloso soprattutto durante la stagione delle piogge, nè le sue finanze esauste, nè le minacce più o meno velate degli Stati Uniti, la trattengono. Chiama alle armi duecentomila uomini e li manda a difendere la sua colonia e la bandiera della patria.

Due anni di lotta disperata non la spaventano. I suoi figli muoiono a migliaia negli ospedali e nelle foreste mietuti dalla febbre gialla; le battaglie si succedono alle battaglie, le vittorie