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298 Capitolo trentaquattresimo

CAPITOLO XXXIV.


La ritirata di Cervera.


La notte dal 3 al 4 luglio, dopo un breve consiglio di guerra, la squadra spagnuola, che da numerosi giorni assisteva impotente al bombardamento di Santiago, lasciava silenziosamente i suoi ancoraggi per tentare un supremo colpo.

Andava a sfidare la morte, certa di soccombere ma la marina spagnuola non voleva arrendersi senza combattimento nè ammainare le sue bandiere, ondeggianti sulle cime degli alberi, senza avere lanciate le sue cariche.

La vittoria di Aguadores e l’eroismo dei soldati spagnuoli non erano stati sufficienti a liberare la piazza assediata dal cerchio di ferro.

Santiago era ormai destinata, presto o tardi, a cadere per mancanza di difensori. Gli aiuti promessi dal maresciallo Blanco non erano giunti in tempo e l’arrivo del generale Pando coi suoi settemila uomini era troppa poca cosa per resistere a lungo ai nuovi attacchi delle forze di terra e di mare degli yankees.

D’altronde ordini telegrafici erano giunti dalla Spagna e dicevano chiaramente che la flotta uscisse dal porto a qualsiasi costo per accorrere alla difesa dell’Avana e l’ammiraglio Cervera, da vero soldato schiavo del dovere, non aveva creduto opportuno di ribattere sillaba. Andava incontro a sicura morte, ma che importava a quel valoroso? L’onore della bandiera spagnuola, innanzi a tutto.

A mezzanotte tutto era pronto per la fuga. Le macchine erano state accese, gli equipaggi richiamati a bordo delle navi, i fanali spenti, le polveriere aperte, i cannoni caricati, gli uomini a posto di combattimento per la suprema lotta.

Un barlume di speranza era entrato nei cuori di quei valorosi. Si era saputo che la maggior parte delle navi americane si erano dirette verso Aguadores per ricominciare all’indomani il bombardamento, quindi vi era la probabilità di non dover sostenere l’urto di tutte le due poderose squadre comandate da Sampson e da Schley.

Alle due del mattino, mentre l’ammiraglio Cervera abbandonava il Cristobal Colon, e s’imbarcava sulla Viscaya facendo spiegare su questa le insegne del supremo comando, la contro-torpediniera Furor, comandata dall’ammiraglio Villamil, fu mandata all’uscita del canale per spiare le navi americane.

L’Yucatan l’aveva già preceduta. La marchesa e Cordoba, sapendo bene di non poter affrontare la lotta, l’avevano fatto affondare fino alla linea di galleggiamento ed avevano fatti rientrare gli alberi.