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Il bombardamento di Santiago 277

Al ricevimento assisteva anche il generale Linares, uno degli eroi della difesa di Santiago e numerosi colonnelli ed ufficiali. L’accoglienza non poteva essere più entusiastica e la marchesa ricevette i più calorosi ringraziamenti per la sua audace condotta e per la felice riuscita dell’impresa che da tutti era stata ritenuta irrealizzabile.

Il generale Torral s’affrettò ad informarla delle ultime vicende della campagna e non potè nasconderle la gravità della situazione.

Santiago stava per correre un grave pericolo. Le due squadre americane, cinque o sei volte più potenti di quella di Cervera, rendevano ormai impossibile qualunque aiuto da parte della madre patria ed estremamente difficile, per non dire impossibile, l’uscita degli incrociatori e delle torpediniere spagnuole.

Ad aggravare doppiamente le inquietitudini era giunta già anche la notizia che a Tampa, nella Florida, stavano raggruppandosi ventisettemila americani dell’esercito regolare per trasportarli a Santiago e bloccare la piazza anche dalla parte di terra.

E questo non era tutto. Grosse bande d’insorti erano state segnalate alle falde della Sierra Maestra, mentre altre si erano già impadronite della linea ferroviaria Santiago-San-Luis, interrompendo le comunicazioni coll’Avana e minacciando di tagliare fuori il corpo di spedizione del generale Pando che doveva accorrere alla difesa della piazza assediata.

— Tuttavia, signora marchesa, noi sosterremo gagliardamente la lotta, — concluse il generale. — Il nostro presidio è scarso, tale anzi da non poter resistere ad un attacco del corpo di spedizione americano, ma i nostri soldati sono decisi di fare il loro dovere finchè avranno una cartuccia ed un pezzo di pane.

Colle armi che voi ci avete portate, noi armeremo anche i cittadini e se dovremo cadere, oppressi dal numero, sapremo morire da valorosi sulle nostre bandiere.

— Ed il bombardamento, credete che continuerà, generale? — chiese la Capitana.

— Certamente, marchesa. Oggi si limiteranno ad importunare il forte del Morro, però prevedo un bombardamento furioso per tentare di distruggere le nostre opere esterne.

Facciano pure gli americani: noi risponderemo e vigorosamente, ve lo assicuro. —

Un’ora dopo quel colloquio, l’Yucatan veniva accostato alla banchina del porto ed i marinai, aiutati da cento artiglieri, cominciavano lo scarico dei fucili e delle munizioni sotto gli occhi della marchesa, di Cordoba, e del colonnello Ordonez incaricato dal generale Torral di ricevere le casse.

Lo scarico fu compiuto senza difficoltà, non essendovi stata, in quel mattino, alcuna ripresa del bombardamento, poi l’Yucatan, onde metterlo al riparo degli obici americani, che talvolta