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266 Capitolo trentesimo

— Ci andremo.

— Ci lascerete la vita.

— Lo dubito, signore, — disse il capitano Carrill, facendosi innanzi. — L’Yucatan è tale nave da passare dinanzi alle corazzate di Sampson e di Schley, ve lo assicuro.

— Signora marchesa, volete che la mia cannoniera vi scorti fino in vista delle navi americane?

— Non ci sarebbe di nessun aiuto contro quelle formidabili corazzate, tenente e poi non potrebbe seguire la mia nave che è la più rapida di quante sono state varate finora nel golfo del Messico.

— È vero, — mormorò il tenente. — La mia cannoniera è un vecchio legno incapace di misurarsi con un incrociatore di terza classe. Signora, i vostri ordini saranno subito eseguiti e se riuscirete nel vostro audace progetto, troverete in Santiago una strepitosa accoglienza.

— Addio, signore.

— Buona fortuna, signora. —

Il tenente scese nella scialuppa e raggiunse rapidamente la cannoniera, la quale s’allontanò frettolosamente in direzione di Manzanillo.

L’Yucatan un istante dopo riprendeva la rotta verso il sud-ovest, continuando a seguire la costa.

In lontananza, sul luminoso orizzonte, cominciavano allora a delinearsi le cime frastagliate della Sierra Maestra, una catena considerevole di montagne che corre lungo le coste meridionali di Cuba, dal capo della Cruz alla baia di Guantamano, passando dietro a Santiago.

La costa, che fino allora si era mantenuta paludosa, ingombra di ammassi di paletuvieri, cominciava ad alzarsi e frastagliarsi capricciosamente, mostrando un gran numero di piccoli seni entro i quali si vedevano annidati gruppetti di bianche casette e di capanne. Qualche fiume di quando in quando la tagliava, aprendosi il passo fra le scogliere che difendevano le spiagge.

Alle sette di sera l’Yucatan, senza aver fatto nessun altro incontro, giungeva al capo della Cruz e piegava bruscamente verso l’est, seguendo la costa che doveva condurlo a Santiago.

Era uno splendido tramonto. Le vette frastagliate della Sierra Maestra, s’alzavano imponenti, spiccando nettamente sul cielo fiammeggiante, appena rotto da poche nuvolette color del fuoco che s’accumulavano sull’alta e maestosa cima dell’Ojo del Toro, la quale si spingeva in alto a mille e due metri.

Il mare, terso come specchio, quasi senza una increspatura, aveva strani bagliori: aveva linee ramigne presso le spiagge, striature verde cupo verso levante, scintille d’oro verso ponente, là ove il sole stava per scendere dietro la linea dell’orizzonte.

L’aria era dolce, profumata, molle, e d’una trasparenza incre-