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200 | Capitolo ventitreesimo |
— Ah!... Ora comprendo; la caverna marina che tu conosci serviva di deposito e di rifugio.
— È vero, signore.
— Siamo lontani?...
— Fra un quarto d’ora ci saremo. Fate abbassare gli alberi, signor Cordoba. —
Il tenente diede il comando. Tosto una ventina di marinai staccarono i paterazzi e le sartie, ammainarono le bome ed i picchi ed i due alberi rientrarono rapidamente, scomparendo sotto la coperta, nel posto della scassa.
Cominciava allora ad albeggiare. Gli uccelli marini, assai numerosi fra quegli scogli, abbandonavano i loro nidi lanciandosi verso la superficie del mare o volteggiando, con un gridìo assordante, sopra la coperta del Yucatan.
Le tenebre si dileguavano rapidamente, mentre verso l’est una luce rosea, che diventava di minuto in minuto più rossa, s’alzava stendendosi pel cielo.
Cordoba cominciava ad impazientirsi.
— Colon, fra pochi minuti spunta il sole; se qualche abitante ci scorge andrà a dare avviso agl’insorti della presenza d’una nave sospetta.
— Ancora due canali, signore, — rispose il mastro. — D’altronde rassicuratevi; queste spiagge sono deserte.
— Può esservi qualche sentinella.
— Non lo credo. Eh!... Un canale ancora!... Comincio a scorgere la gran caverna. —
L’Yucatan costeggiava allora una muraglia di granito, tagliata a picco sul mare, la quale formava, con un’alta scogliera che le stava di fronte, uno stretto canale dalle acque assai profonde, a quanto sembrava.
Delle ondate che venivano dall’opposta estremità, si cacciavano entro quel passaggio rumoreggiando sordamente ed andavano ad infrangersi, con una certa violenza, contro quelle rocce gigantesche, con dei muggiti profondi che l’eco ripeteva incessantemente.
Mastro Colon aveva comandato di rallentare la marcia. L’Yucatan si avanzava lentamente, con precauzione, come se il lupo di mare che lo guidava temesse di urtare contro qualche improvviso ostacolo.
Ad un tratto la nave virò precipitosamente e si trovò dinanzi ad un’ampia ed oscura apertura, seminascosta da un immenso panneggiamento di erbe che scendeva lungo la roccia, lambendo quasi l’acqua del canale.
L’acuto sperone della piccola nave sfondò una parte di quelle piante e s’inoltrò sotto una volta gigantesca.
— Macchina indietro!... — urlò il mastro.
L’elica turbinò in senso inverso, sollevando uno sprazzo di