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198 | Capitolo ventitreesimo |
un carico di armi per gli spagnuoli. Presentatevi a S. Felipe e la vostra nave verrà tosto riconosciuta.
— Mille fulmini!... Chi ha fornito agli insorti tante indicazioni?...
— Il console americano di Merida.
— Che lo colga la febbre gialla!... — urlò Cordoba.
Poi dopo d’aver riflettuto alcuni istanti, mormorò, alzando le spalle:
— La vedremo se non sarò capace di strappare a quei messeri la nostra Capitana. Carramba!... Cordoba non è uomo da arrestarsi a mezza via. Ehi, Colon!...
— Signore!...
— Riconduci questo caro signor Del Monte all’ombra. Il sole potrebbe fargli male e poi nella cabina avrà più agio di pensare. Diavolo!... Quando si tratta di salvare la pelle si può mettere sossopra e frugare e rifrugare il cervello.
Signor Del Monte pensate un po’ al vostro amico di San Felipe. Chissà!... Potrebbe tenere in sua mano la vostra grazia ed anche la corda da appiccarvi. —
Ciò detto Cordoba riaccese una seconda sigaretta e tornò a sdraiarsi sulla poltrona, mentre l’Yucatan correva, con un fremito sonoro, verso i cayos di S. Felipe, lasciandosi a poppa una lunga scia gorgogliante.
CAPITOLO XXIII.
I cayos di S. Felipe.
Quando l’Yucatan, attraversata la parte meridionale della vasta baia di Cortez, giunse in vista dei cayos di San Felipe, mancava ancora mezz’ora allo spuntare dell’alba.
Quel gruppo d’isolette e di scogli che prende il nome dalla terra maggiore, si trova quasi a eguale distanza dalle coste di Cuba e dalla grande isola dei Pini, la più vasta di tutta la colonia spagnuola.
Il numero di quelle isolette che si potrebbero raggruppare con quelle chiamate degli Indiani, che sono situate più al sud, è considerevole; eccettuate tre o quattro tutte le altre non sono altro che semplici scogli quasi aridi e per la maggior parte privi di abitanti.
La più importante è quella di S. Felipe, che si trova quasi in mezzo al gruppo e che è abitata da alcune centinaia di coltivatori e di pescatori, per lo più negri e meticci, essendo piuttosto rari i bianchi dove non vi è la possibilità di avere vaste coltivazioni di canne da zucchero.