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L’assalto dei negri 159

— Che mi si dà la caccia.

— Da chi?...

— Da una banda di negri.

— Insorti?...

— Certo, signor tenente.

— Mille pesci-cani!... Ancora quei bombardieri coi loro dannati tromboni! Ah!... La vedremo brutti orchi dalla pelle nera!... —


CAPITOLO XIX.


L’assalto dei negri.


Cordoba si era precipitato giù dai sacchi che gli avevano servito da letto e si era affacciato alla porta della batey, tenendosi però prudentemente celato dietro una enorme caldaia rovesciata, per non ricevere qualche scarica di mitraglia.

Una dozzina di negri quasi nudi, non avendo che un paio di mutande ed un cappellaccio di foglie di palma, armati alcuni di tromboni ed altri di machette, s’avanzavano attraverso i solchi della piantagione, gesticolando come scimmie ed urlando come ossessi.

Non si poteva dubitare sulla loro direzione; si dirigevano verso la batey coll’evidente intenzione di scovare lo spagnuolo e di prenderlo.

— Che siano i negri che vegliavano dinanzi alla galleria? — si chiese Cordoba, con inquietudine. — I due coraggiosi che abbiamo fatto fuggire possono essersi accorti che noi eravamo degli spiriti di carne ed ossa ed aver seguìto le nostre tracce.

— Signore, — disse in quell’istante lo spagnuolo, che gli si era messo vicino. — Non conoscete quei due negri armati di quei mostruosi tromboni?...

— Mi sembra che siano...

— Manco ed il suo compagno, signor tenente.

— Ah!... I furfanti!... Saranno furiosi per lo spavento provato.

— E probabilmente risoluti a vendicarsi.

— Eccoci in un bell’impiccio, amico Quiroga!...

— Fortunatamente non sono in tale numero da farci paura, signore.

— No, se non avessi un timore.

— E quale?

— Che precedano una banda di creoli.

— Finora non si vedono.

— Possono essere ancora nel bosco.

— Cosa facciamo?

— Voi mirate Manco ed io il vecchio.

— E poi?