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La fuga di Cordoba 153

Quando Cordoba si svegliò, accese un zolfanello e guardato l’orologio vide che segnava le undici.

— Antimeridiane o pomeridiane? — si chiese. — Qui non vi sono nè stelle, nè sole per saperlo.

Scosse lo spagnuolo ripetutamente, dicendogli:

— Credo che sia giunto il momento di abbandonare l’alloggio.

— Non domando di meglio, — rispose l’attendente del capitano Carrill. — Una boccata d’aria fresca e pura la desidero, signore. Deve essere tardi.

— Credo che la mezzanotte non sia lontana, la nostra dormita deve essere stata piuttosto lunga. È impossibile che sieno le undici antimeridiane, d’altronde presto lo sapremo. —

Stritolarono un biscotto, presero i loro fucili e si diressero verso l’uscita della galleria.

Trovato il cadavere del serpente, rallentarono la marcia, sapendo di non essere lontani dallo sbocco, e dopo d’aver ascoltato attentamente, si avvicinarono alla fessura, la quale s’intravedeva appena, essendo notte.

— Vediamo, — disse Cordoba, sporgendo il capo con precauzione.

Guardò al di fuori e con sua sorpresa ed insieme gioia non vide nè uomini, nè tende, nè capanne di frasche.

— Se ne sono andati, — disse.

— Siete certo?

— Non pretendo di avere gli occhi dei gatti, però sono ottimi, e se vi fosse qualcuno lo avrei già scorto.

— Allora possiamo uscire.

— Nessuno ce lo impedisce. —

Cordoba, certo ormai di non correre alcun pericolo, stava per lanciarsi all’aperto, quando udì improvvisamente una voce che usciva da un folto gruppo di cespugli, ad esclamare:

— Toh!... Questa è strana!... Se credessi agli spiriti, direi che ne ho veduto uno presso l’entrata della galleria. —

Un allegro scoppio di risa fu la risposta.

Cordoba, pronto come il lampo, si era ricacciato nel sotterraneo, urtando vivamente lo spagnuolo che gli stava dietro.

Carramba!... — esclamò. — Qui gli occhi dei gatti sarebbero stati proprio necessari.

— Siamo stati scoperti? — chiese il soldato, con ansietà.

— Lo temo.

— Fuggiamo, signore.

— E dove?...

— Nella galleria.

— Aspettiamo un po’: odi? —

La voce di prima, che pareva quella d’un negro dal modo con cui storpiava orribilmente l’r, riprese:

— Tu ridi, ed io ti dico che ho veduto un’ombra umana presso l’uscita della galleria.