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124 | Capitolo quindicesimo |
Si calò nel foro e s’inoltrò per alcuni passi nella galleria, seguito subito dal soldato, dalla marchesa e quindi dai cinque marinai.
— La pietra!... — gridò.
— La lascio cadere, — rispose un marinaio.
La luce che penetrava nella galleria scomparve bruscamente ed i fuggiaschi si trovarono avvolti nella più profonda oscurità. La lastra di pietra, mossa dall’ultimo marinaio, era piombata con sordo rumore, intercettando ogni comunicazione col di fuori.
Cordoba si era arrestato, per abituare un po’ gli occhi a quelle tenebre e per ascoltare.
Al di sopra si udivano sempre a rimbombare le formidabili detonazioni dei tromboni e gli spari dei fucili; dall’opposta estremità della galleria non giungeva invece alcun rumore.
— Andiamo, — diss’egli. — Speriamo che questo passaggio sia in buono stato e che ci conduca ben lungi dal torrione.
— Ci vedi, Cordoba? — chiese la marchesa.
— Mi sembra di essere diventato cieco. Quale disgrazia a non aver gli occhi dei gatti!... Bah!... Seguiremo le pareti e tasteremo il terreno, prima di mettere un piede innanzi all’altro.
— Volete che passi prima io? — chiese il soldato.
— Non vedete meglio di me, quindi è perfettamente inutile. Ohe!... Badate alla retroguardia.
— Vegliamo attentamente signore, — risposero i marinai.
— Avanti!... —
Il drappello si mise in marcia a tentoni, appoggiando le mani alle pareti umide e viscide della galleria e tastando il suolo, prima coi calci dei fucili e poi coi piedi, temendo che esistesse qualche frana o di urtare improvvisamente contro qualche ostacolo.
La galleria scendeva rapidamente, passando forse sotto il torrione e descrivendo delle curve che sembravano assai vaste, forse per evitare le fondamenta dell’edificio o qualche strato di terreno roccioso. La sua larghezza era però uniforme, permettendo il passaggio a due persone di fronte; la sua altezza invece tendeva talvolta ad abbassarsi e Cordoba era sovente costretto a curvare la testa ed anche il corpo.
Mentre procedevano così a casaccio, cercando di raggiungere l’estremità opposta, al di fuori gl’insorti combattevano contro il torrione e le casematte come se avessero da snidare un reggimento di avversari. I tromboni rimbombavano furiosamente e gli spari delle carabine e dei fucili a retrocarica si succedevano senza interruzione, formando un baccano assordante, il quale si ripercuoteva indefinitamente entro la galleria. Certe volte poi si udivano degli scoppi così formidabili, da supporre che gli assedianti facessero uso di bombe di dinamite onde aprire delle brecce nelle casematte, prima di lanciarsi all’assalto.
— Finchè continua questo fracasso indiavolato, nulla abbiamo