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Il tradimento del Cubano 119

— Uomini che si battono più per avidità di saccheggi, che per patriottismo.

— È vero, signore. Non importa gran che a quegli antichi schiavi che a Cuba vi sia la bandiera spagnuola o repubblicana.

— Stiamo attenti o ci prenderemo una palla nella testa. —

Fra gl’insorti si vedeva un certo movimento che poteva essere il principio d’una nuova avanzata. In mezzo ai cespugli, degli uomini apparivano e scomparivano ed alla prima luce dell’alba si vedevano scintillare numerose canne di fucile e quei larghi coltelli chiamati machete, che i negri usano pel taglio delle canne da zucchero, armi formidabili nelle loro mani, poichè con un solo colpo sono capaci di decapitare un individuo.

Di tratto in tratto qualche negro o qualche creolo si avanzava carponi fra le erbe e gli sterpi, cercando di spingersi verso la cinta, poi retrocedeva, scorgendo forse le canne dei fucili di Cordoba e dello spagnuolo.

Erano già trascorsi alcuni minuti, quando un negro di statura colossale s’alzò bruscamente dietro un cespuglio, tenendo imbracciato un enorme trombone, un’arma probabilmente trovata in qualche casa saccheggiata, dove veniva conservata come un ricordo d’altri tempi.

L’aveva risolutamente puntata contro le macerie, dietro le quali si tenevano nascosti Cordoba ed il soldato e si preparava a far piovere addosso a loro una vera grandine di mitraglia, forse di chiodi e di pezzi di vetro.

Il soldato, più lesto, fece fuoco; la sua palla, mal diretta, non parve che colpisse il gigante, perchè questi a sua volta fece scattare il grilletto.

Una detonazione formidabile, rimbombante come quella d’un pezzo d’artiglieria, rintronò nella foresta e Cordoba sentì fischiarsi agli orecchi non pochi proiettili.

— Quel negraccio vuole proprio farci a pezzi!... — esclamò il lupo di mare. — Aspetta un po’, mio caro!... Degli zuccherini ne ho anch’io da regalare. —

Alzò il fucile mirando l’insorto, il quale si era alzato sulla punta dei piedi per vedere gli effetti della sua scarica così rumorosa eppur così poco formidabile, e fece partire il colpo.

Il negro fece un salto indietro lasciando cadere il suo trombone, poi si accasciò in mezzo ai cespugli, senza mandare un grido.

— Che l’abbia fulminato?... — si chiese Cordoba.

— Io credo invece che sia più vivo di prima, signore, — rispose lo spagnuolo. — Vedo il suo trombone a muoversi.

— Che quel furfante torni a mitragliarci?...

— Sono certo di non ingannarmi. Ha già ricuperata la sua arma mostruosa e scommetterei che ora sta ricaricandola.

— E dove sono gli altri insorti che non si scorgono più?