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Il fortino spagnuolo | 107 |
— E perchè inquietante, se distruggono i topi?...
— Perchè non risparmiano i pollai dei coloni, — disse Cordoba, ridendo. — Amano i topi, ma hanno in considerazione, da veri buongustai, anche le galline, le faraone, i tacchini e le anitre.
— Le piantagioni però sono salve.
— È vero e compensano a usura la distruzione dei pollai. —
In quell’istante al di fuori s’udì uno scoppio così formidabile, che le casematte tremarono dalla base al tetto, facendo cadere un ammasso di rottami.
I marinai rientravano allora carichi di foglie di banani per preparare i letti.
— Per mille balene!... — esclamò Cordoba, che per poco non aveva ricevuto un mattone sul capo. — Bisogna sgombrare o resteremo schiacciati.
— Passiamo nella torre, — disse il soldato. — È ancora in buono stato, anzi solidissima. —
Cordoba e la marchesa presero le torce e passando attraverso la stretta apertura, s’introdussero nel torrione pentagonale, salendo una gradinata così angusta, da lasciar passare appena una sola persona alla volta. Quella scala metteva capo ad una grossa porta ferrata.
Cordoba la spinse, non essendo chiusa e si trovò in una stanza pure di forma pentagonale, tanto vasta da contenere comodamente venti e più persone e che aveva quattro larghe feritoie difese da solide sbarre di ferro.
Una scala di legno, collocata in un angolo, metteva capo ad una specie di botola, la quale doveva certamente condurre sulla piattaforma merlata.
— Fermiamoci qui, — disse Cordoba, — ed aspettiamo che l’uragano cessi.
I marinai gettarono al suolo i fasci di foglie e tutti si accomodarono alla meglio, formando circolo attorno alla Capitana ed al lupo di mare.
L’uragano allora scoppiava con veemenza irresistibile, infuriando sopra l’immensa foresta.
Lampi accecanti si succedevano senza interruzione, illuminando l’interno del torrione, mentre i tuoni scrosciavano con orribile rimbombo, formando un fracasso spaventevole, assordante.
Il vento, ormai scatenato, ruggiva su tutti i toni fra i merli della torre e fra i centomila vegetali della foresta, torcendo i grossi e robusti rami come fossero semplici fuscelli e travolgendo nella sua corsa nembi di foglie e di canne strappate dovunque.
Vi erano certi momenti in cui pareva che la foresta intera crollasse e che la torre oscillasse sulla sua base. Certamente numerosi vegetali dovevano venire sradicati da quelle raffiche possenti e spinti attraverso la foresta e fors’anche sollevati in aria,