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104 | Capitolo dodicesimo |
pitìo strano, battendo fortemente le foglie degli alberi, le quali già cominciavano a contorcersi sotto nuove raffiche.
— Affrettiamoci, — disse Cordoba. — Non è prudente lasciarsi cogliere dall’uragano. —
Invece di allungare il passo, il soldato si arrestò bruscamente, dicendo:
— Alto!...
— Cosa avete? — chiese Cordoba, facendosi innanzi.
— Mi sembra di aver veduto qualcuno a scivolare in mezzo a quel macchione di banani.
— Sarà stato un cinghiale. Voi sapete che quegli animali sono numerosi.
— A me parve però un uomo.
— Lasciate che s’impicchi. Se sarà un galantuomo verrà di certo al rifugio; se è qualche furfante malintenzionato non oserà assalire un drappello armato.
— Forse avete ragione, — rispose il soldato. — Sarei stato però più contento se nessuno ci vedesse giungere al vecchio fortino.
— Cosa temete?
— Gl’insorti, signore, possono sorprenderci.
— Con quest’uragano? Bah!... Avanti, mio bravo soldato. —
Lo spagnolo obbedì crollando però due o tre volte il capo, come fosse malcontento. Passando presso la macchia dei banani si arrestò per ascoltare; nulla udendo, continuò la marcia descrivendo dei lunghi giri attraverso quel caos di vegetali, come se avesse cercato di far perdere le tracce del drappello.
Dieci minuti dopo si arrestava sull’orlo d’una radura, in mezzo alla quale si scorgeva confusamente un edifizio sormontato da una specie di torre pentagonale e circondato da una muraglia in gran parte diroccata.
— Ci siamo, — disse, con voce lieta.
— Cos’è quel rifugio? — chiese la marchesa.
— Un tempo era un fortino: ora non è che una rovina, — rispose lo spagnuolo. — Mi hanno però narrato che durante l’insurrezione dei dieci anni, ha dato non poco da fare ai guerrilleros del capo insorto Gonzales.
— Per noi basterà, — disse Cordoba.
Attraversarono la radura e s’affrettarono a entrare nella cinta passando attraverso una larga breccia, mentre la pioggia cominciava a scrosciare con grande violenza e vividi lampi rompevano, quasi senza interruzione, l’oscurità.